I greci avevano una parola per tutto, anche per ogni sfumatura dell’ira.

L’Iliade si apre con il termine μῆνιn (si legge: ménin ed è in accusativo) che indica una collera profonda, maturata nel tempo e dovuta ad un’offesa. È il sentimento di Achille, un rancore forte e incontenibile, come solo un semidio può provare. Non a caso si pensa che sia una parola imparentata con il verbo μαὶνομαι (si legge: maìnomai) che significa “sono fuori di me”, “sono preso dal delirio”. Achille era arrabbiato, furioso, quasi pazzo.

La rabbia improvvisa invece si dice χὸλος (si legge: còlos)  da cui la nostra collera.  Còlos significa al tempo stesso scoppio d’ira e bile, perché per i Greci questo sentimento nasceva proprio nella pancia, facendo un gran male a chi la provava.